“Viviamo in un mondo in cui ci nascondiamo per fare l’amore, mentre la violenza e l’odio si diffondono alla luce del sole”
(John Lennon)
”They say you die twice. One time when you stop breathing and a second time, a bit later on, when somebody says your name for the last time” (Bansky)
Ero solo una ragazza, una ragazzina forse, che ha inseguito l’amore e la strada per una fuga, no: per una via d’uscita, per crescere, per diventare.
Ero, ancora, un’immagine non chiara, sfocata, miope, ché davanti agli occhi avevo come un velo di inesperienza. Ho conosciuto un cavaliere che mi ha rapita, ma che anziché un cavallo bianco guidava una barca, come Caronte.
Da una gabbia ad una scatola, dove ti manca l’aria, dove ti manca l’amore, quello vero, quello che non si esaurisce dopo un po’. Io che ho sempre indossato delle ali di gesso e di tulle, per fare un salto dal palcoscenico a me.
E le domande, come se quelle scarpette con le punte di gesso e le mie dita piegate mi impedissero di correre dietro a chi scappava: “Cosa ho fatto per farlo andare via? Dove ho sbagliato? Perché non riesco a tenere le persone?”
E buttarsi via per ritrovarsi, per fare quel che mi sono negata, per capire che sono bella e non lo ero: non lo ero nelle splendide immagini che riflettevano tutti gli specchi d’acqua in cui mi sono guardata, ché bastava un soffio di vento ad increspare l’acqua per cancellare la figura; non lo ero quando il giudizio degli altri era diventato il mio giudizio quando ancora non sapevo.
Non lo ero e lo sono adesso che ho smesso di sbattere le ali e le ciglia e mi siedo su questo divano, tra queste mura bianche, pulite, piene di fotografie felici e finalmente ho voglia ancora di abbracciare qualcuno, e non solo di farmi abbracciare.
C’è un momento che devi decidere: o sei una principessa che aspetta di essere salvata, o sei la guerriera che si salva da se… io credo di aver già scelto… mi sono salvata da sola” (Marilyn Monroe)