Anno di nascita 1974. Mamma calabrese, papà lombardo, abbastanza per definirmi "meticcio": caldo e freddo, bianco come la nebbia e giallo come il sole, nord e sud i due estremi di un arcobaleno da cui guardare il mondo. Due punti di vista, che diventano tanti punti di vista e che diventano il mio punto di vista, meticcio anche quello: "inquinato", "contaminato" ... libero di pensarla diversamente, o come qualcun altro; curioso di andare a stare un po' anche dall'altra parte, qualunque essa sia.
Mi affascina l'arte da sempre, forse per un'attitudine ereditata dal nonno paterno, ho cominciato a dipingere a 16 anni (forse anche prima, sulla pelle del divano di mia mamma), cominciando con i colori ad olio, passando per l'acquarello fino ad arrivare ad usare l'acrilico "mischiato" a diversi materiali.
Dipingendo volevo "toccare" le immagini, dar loro l'odore dei pigmenti, dare forma a quello che era il mio modo di vedere, ma, soprattutto, di sentire ciò che mi scorreva attorno, addosso, dentro. Nei miei quadri ho cercato di dare vita ad un'immagine in due dimensioni, dandole spessore, nel senso letterale della parola. Dipingendo ... parlavo con i colori, parlavo di me, la comunicazione aveva una direzione: da me verso l'esterno.
Ora ho qualche anno in più, un'attitudine "meticcia" che, spero, è ancora più forte, che spero mi permetta sempre di riuscire a guardare le cose e le persone da sopra e da sotto, da dentro e da fuori, mettendomi "nei miei panni" e "nelle loro scarpe". Ora che sono più grande so, forse, meglio chi sono e ho meno "bisogno" di dire-fare-baciare-lettera-e-testamento...tutto fuori, che tutti vedano, che tutti sappiano che ci sono. Un nuovo equilibrio che porta con se un movimento diverso: anziché da dentro a fuori, adesso voglio ascoltare: da fuori a dentro.
Con la fotografia cerco di dare una forma visiva all'ascolto, che non è, per me, solo sentire un "rumore", ma è vedere quello che una ruga, un vestito, una crepa, o una nuova tinta hanno da raccontare. Attraverso la fotografia, più che entrare dentro le cose e le persone, ho la curiosità di fare entrare le cose e le persone dentro di me, perché possano raccontarmi una storia.
Come diceva l'Hans Schnier di Heinrich Boll- faccio raccolta di attimi per raccontare una storia, o più storie, coi miei scatti, ma anche un'emozione, un'impressione, un sentire, insomma: per comunicare.
[Ph copertina - Irene Vitrano]
Born in 1974. Calabrian mom, Lombard dad, enough to call me "mestizo": hot and cold, white as fog and yellow as the sun, north and south the two ends of a rainbow from which to look at the world. Two points of view, which become many points of view and which become my point of view, a mixed race too: "polluted", "contaminated" ... free to think differently, or as someone else; curious to go and stay on the other side, whatever it is.
I have always been fascinated by art, perhaps because of an attitude inherited from my paternal grandfather, I started painting at 16 (perhaps even earlier, on the skin of my mom's sofa), starting with the oil colors, passing through the watercolor until you get to use acrylic "mixed" with different materials.
By painting I wanted to "touch" the images, give them the smell of pigments, give shape to what was my way of seeing, but above all, to feel what flowed around me, on me, inside. In my paintings I have tried to give life to an image in two dimensions, giving it depth, in the literal sense of the word. By painting ... I was talking with colors, I was talking about me, communication had a direction: from me to the outside.
Now I have a few more years, a "mestizo" attitude which, I hope, is even stronger, which I hope will always allow me to be able to look at things and people from above and below, from inside and from outside, putting myself " in my shoes "and" in their shoes ".
Now that I am older I know, perhaps, better who I am and I have less "need" to say-do-kiss-letter-and-testament ... all out, that everyone sees, that everyone knows they are there. A new balance that brings with it a different movement: instead of from inside to outside, now I want to listen: from outside to inside.With photography I try to give a visual form to listening, which is not, for me, just hearing a "noise", but seeing what a wrinkle, a dress, a crack, or a new tint have to tell. Through photography, rather than entering into things and people, I have the curiosity to let things and people enter inside me, so that they can tell me a story.
As Heinrich Boll's Hans Schnier said - I collect moments to tell a story, or more stories, with my shots, but also an emotion, an impression, a feeling, in short: to communicate.